Le scoperte dell’eros

Le scoperte dell’Eros, seminario di Igor Sibaldi

Teoria e pratica della più grande delle nostre energie

img_7105Partiamo bene: partiamo con una richiesta esplicita, che sembra quasi un imperativo, messo in toni gentili. Partiamo con un monito: non riporterò cos’ha detto Igor – tranne per qualche frase udita e trascritta, di quelle che se le cambi, la citazione non funziona; sto scrivendo ciò che ho udito e sentito io. Questo invito mi è piaciuto, questo atteggiamento riconosce con limpida semplicità la responsabilità personale nell’ascolto, nella comprensione, nella rielaborazione di quanto vissuto e di quanto posso e riesco a trasferire con le parole.

Nel seminario “Le scoperte dell’Eros” di Igor Sibaldi ho trovato un po’ di me, e un po’ di esseri umani come me. Di quelli che in qualche modo, in qualche forma, hanno sentito il desiderio di conoscere, di confrontarsi, o di raccogliere altre idee al di fuori delle loro; persone diversissime, per età, status, background culturale e probabilmente professionale. Anzi, su quello culturale, dopo aver ascoltato tutto il seminario, mi viene qualche dubbio. Ma inizio dal principio.

Arrivo al centro conferenze

E’ stato curioso iniziare senza trovare parcheggio: al solito, sono arrivata in anticipo, eppure c’erano dei blocchi – di quelli rossi e bianchi, quelli che riempiono d’acqua – che impedivano l’accesso ad una parte del parcheggio. La rimanente? Piena. Davanti ad un albergo dove ci si aspettava circa 400 persone (e poi molte di più, perché nel centro congressi ci affiancava un convegno di medicina). Ho fatto un giro con la macchina, ho trovato due scivoli. No, il parcheggio sotterraneo è dell’albergo, “non si può”. Tornando sui miei “passi” ho trovato un posto all’interno di un rettangolo delimitato da delle catene. Nessun cartello, due automobilii parcheggiate, ghiacciate. Fatta, questo sarà il parcheggio (con il dubbio di aver usato un parcheggio che non va bene, ma rischio).

Uscita dalla macchina mi dirigo all’entrata dell’albergo, si attivano ricordi felici ed infelici riguardanti il mio passato di receptionist. Ho deciso di non proseguire quella strada, magari sarei capitata in un posto così, molto grande, alle porte di una grande città, ad accogliere gli ospiti, viaggiatori del mondo, molto spesso mercanti – ops, venditori, si dice adesso – insomma gente che viaggia per affari. Ma vengo colpita da un bagliore micidiale: c’è, proprio davanti all’ingresso, una fontana. Con l’acqua che spruzza alta, trasparente, di una bellezza che mi lascia senza fiato. La osservo. Tutto il contorno è ghiacciato, e all’ora in cui mi trovo, dall’angolazione da cui la osservo, esattamente dietro l’acqua sta salendo il sole sull’orizzonte. E’ tutto un movimento di trasparenze e colori e bagliori; giallo, azzurrino, bianco, grigio, canarino, blu, argento. Stavo per farle una fotografia, ma non sono riuscita a togliere la mano dalla tasca dove tenevo la macchina fotografica. No, era un momento magico, da godere con il cuore spalancato e gli occhi pieni di meraviglia e magia.

Mi fa sorridere adesso che lo scrivo, perché proprio a quella fontana Igor ha accennato quando già eravamo in pieno fluire dei discorsi. Se sei curioso vai ad ascoltarlo: ne vale la pena. Inoltre non sono in grado di ripetere le sue parole, perché sono proprio sue. Queste sono alcune delle suggestioni che ho ricevuto, mi sembrano come pietre preziose ricevute in dono, che adesso sento tra le mani affondate nelle tasche. Alcune di queste, quelle più maneggevoli per me, vorrei condividerle con te.

Parole forti e parole deboli

Ho scoperto la potenza delle parole: in linguistica, ci sono parole “forti” e parole “deboli”. Le parole forti hanno un significato univoco, c’è una via a senso pressoché unico tra significato e significante. Le parole deboli, invece, sono quelle con cui rischiamo di metterci in difficoltà: sono parole, parolone, direi, che avendo molteplici significati e significanti, rendono la comprensione alquanto ardua. Qual è il risvolto pratico di questo elemento di linguistica? Eh, bè (e adesso cito testuali parole):

“Le parole sono chiavi importanti. Se le usi bene, ti danno potere. Se le usi male, le parole usano te. Ovvero, in base all’interpretazione che di quelle parole ne fanno le persone che ti ascoltano.”

Tanta roba. Accidenti. Le parole “deboli” sono dette anche “scure”, o “oscurate”. Ma dunque, perché si dovrebbero oscurare le parole? Le parole non sono forse uno dei mezzi di comunicazione più usati tra gli esseri umani? Non necessariamente quello più efficace, anzi; ma la nostra cultura già da millenni integra l’utilizzo della parola – prima parlata, e poi anche scritta – come mezzo di trasmissione della conoscenza. Se oscuro una parola, ti rendo schiavo. Perché se non è chiaro come la sto utilizzando, o a quale scopo, o a che cosa mi sto esattamente riferendo, e se abbiamo bisogno di comprenderci… ma abbiamo bisogno di comprenderci? di capire davvero cosa stiamo dicendo? e c’è un sistema che cerca di non farci capire tanto di cosa si sta parlando, e se sì, perché?

Arrivati a questo punto, che è solo l’inizio del seminario, io sono già in fibrillazione. Sono felice di aver impulsivamente, fulmineamente, subdolamente cliccato su quel pulsante “iscriviti” quando ho visto l’albero usato nella locandina pubblicitaria, scelto (probabilmente, oculatamente) da chi ha pubblicizzato questo evento.

Sono felice perché sto scoprendo qualcosa che mi sta dando energia.

E’ qualcosa di buono. Scomodo, perché per masticarlo devo mettere in moto tutte le mie rotelle (e sto cercando di riabilitare la mia paralisi mentale, che è l’equivalente di una paralisi cerebrale solo che è stata indotta a livello cognitivo). Scomodo, faticoso, ma allo stesso tempo esaltante e tremendamente interessante. Perché queste cose non ce le insegnano a scuola? Perché non me le hanno insegnate a casa? Perché i giovani vengono tenuti distanti da questi contenuti? Io ci arrivo adesso, a 34 anni, surfando tra occasioni che si presentano e che ho deciso di prendere al volo. Che sia per gli stessi motivi per cui le parole sono state “oscurate”?

Divisione culturale: come l’etimologia può determinare un destino

Oh, che titolone. No, dai, no… un destino no. Forse tanti. Questo devo proprio dirlo: che parlando di una stessa cosa, usando parole equivalenti in diverse lingue, in realtà queste parole esprimono significati quasi opposti. Noi siamo qui per ascoltare Igor che parla di Eros. Che ha a che vedere con l’amore? Ah, perché, non sono la stessa cosa? No.

Ma come si dice “amore” nelle diverse lingue? Il succo di tutta la parabola è che vi sono significati diametralmente opposti: “amore” in alcune lingue deriva dalla descrizione di una forma di possesso, mentre in altre lingue deriva dalla descrizione del riconoscimento di una profonda libertà. Ah. Altra cosa che sarebbe interessante trasmettere ai giovani. Per me questa differenza semantica crea uno stato di profonda confusione e meraviglia allo stesso tempo, io che sono cresciuta con Dirty Dancing negli occhi e Romeo e Giulietta come ideale tragico e romantico di relazione amorosa, per non menzionare tutte le struggenti storie d’“amore” all’interno delle quali veniva (e viene) proposta una visione estremizzata e profondamente adolescenziale dell’amore.

Accidenti, perché non chiamiamo le cose come sono? Perché non le sappiamo, come sono; non ci basta capirle, e già a capirle ci si mette un sacco di energia e di tempo. No, è che ci è anche stato insegnato come guardare, cosa guardare pochi insegnanti lo trasmettono (mi sa che non lo conoscono neppure loro). E così ci rimane solo un limitato range di possibilità di vedere, e spesso noi su quello ci basiamo, credendo sia la Verità.

Eros, divinità dell’antica Grecia

Eros è un dio bambino, di circa 4 anni. Ti ricordi com’eri tu a 3 anni e mezzo, 4 anni? Io ho la fortuna di avere un figlio di quell’età. E mi è capitato di lavorare profondamente su di me grazie alle fortune o sventure di una vita che necessitava di essere guarita, e il contatto con la bambina interiore è stato (ed è) uno dei fulcri di questa attività. Ma insomma, questo Eros… ho scoperto, per esempio, che Eros è “il più amico degli uomini”. E’ un dio che si manifesta di fronte alla Bellezza – e scrivo Bellezza con la B maiuscola appositamente. E ci permette di intraprendere un viaggio di scoperta, un viaggio che, se perseguito con coraggio e con un po’ di incoscienza, ci permette di andare e tornare da un posto molto lontano, un posto che sta al di là. Non ti dico di cosa, perché è al di là di tutto. E, se riusciamo davvero a lasciarci trasportare in questo viaggio, riceviamo in cambio un Dono. Solo che, di fronte alla Bellezza, bisogna imparare a non scappare.

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